Stando a quanto rivela una recente ricerca di GroupM, l’Ad blocking è oggi talmente diffuso che sarebbe presente su circa un quarto dei pc degli utenti italiani. Ma di cosa si tratta? E perché è così ampiamente presente?

L’Ad blocking è un software che permette una navigazione libera dai pop up, le fastidiose finestre che si aprono all’improvviso mentre effettuiamo le attività di navigazione online. Pertanto, mediante l’Ad blocking è ben possibile ottenere una navigazione più serena, con caricamento più veloce delle pagine, e con consumo di meno giga di download (cosa che, effettivamente, non può che essere molto utile a chi usa ad esempio uno smartphone)

Tutto bene, dunque? Non proprio. Perché se sul fronte user è una comodità, dall’altra parte della medaglia bisogna considerare come l’Ad blocking di “massa” possa portare un enorme danno ai media online, che quanto vedono svanire la principale fonte di entrata su cui si basa il loro business plan: la pubblicità. Pare infatti, secondo le ricerche più accreditate, che a causa del blocco delle pubblicità nel 2015 si siano generati minori ricavi per 22 miliardi di dollari.

Infine, dalla ricerca di GroupM emerge come il 56 per cento delle persone che fa uso di ad block lo fa per frenare l’invasività di alcuni format pubblicitari, il 41 per cento perchè la pubblicità rallenta i tempi di caricamento, mentre il 26 per cento reputa la pubblicità non in linea con i propri interessi. Ancora, il 47 per cento dei navigatori è consapevole del fatto che i contenuti letti su internet possono essere pubblicati gratuitamente proprio grazie ai ricavi generati dalla pubblicità e il 34 per cento delle persone capisce la necessità degli annunci pubblicitari, solo un 7 per cento è realmente contrario alla pubblicità.